Alphonso Davies è il miglior terzino in circolazione

Quante volte avremmo sentito parlare dell’American Dream nella nostra vita? Decine, se non centinaia di volte. Questo perché il sogno americano ci fornisce la ricetta perfetta per il successo, quella secondo la quale chiunque lavora duro potrà togliersi soddisfazioni nella vita. Non importa il background, perché in un sistema così meritocratico tutti hanno le stesse opportunità.
La verità è che l’American Dream è solo una leggenda, perché in fin dei conti la nostra società avvantaggia spesso chi ha maggiori risorse economiche. Se poi nasci nel campo profughi di Buduburam in Ghana, gli scenari non sono certamente rosei. La tua famiglia è dovuta scappare dalla guerra civile in Liberia, e ora vive assieme a te in un posto dimenticato da Dio in cui perfino l’acqua costa cara. Poi, a cinque anni, i tuoi genitori decidono di accettare un progetto di reinsediamento in Canada, e tu Alphonso Davies li segui in un Paese sconosciuto in cui né conosci la lingua né hai amici.
Oil Capital of Canada

Edmonton è la capitale della provincia canadese dell’Alberta. Secondo l’ultimo censimento del 2016 conta 932.546 abitanti, ed è conosciuta per essere la città del petrolio. Ciononostante, a partire da qualche anno ospita anche sedi di società come Dell e General Electric, oltre ad essere considerata il centro che gode del tasso di crescita del PIL più alto in tutto il Canada (6.2%).
“Phonzie”, come lo soprannominavano tutti a quel tempo, cresce così in un ambiente multiculturale in cui i suoi genitori si sentono finalmente sicuri. Fin da subito sviluppa una passione per il calcio che lo porta a giocare per due squadre della sua città, International e Strikers, fino ai 15 anni.
Nel 2015 arriva la chiamata dei Vancouver Whitecaps. Giunge da 1200 chilometri di distanza, dall’altra parte del Paese, e la paura che Alphonso possa finire sul binario sbagliato è tanta. Lui però, da ragazzo più maturo della sua età promette a tutti: “Porterò a termine l’High School e mi impegnerò su tutti i fronti, restando sempre un bravo ragazzo”.
Nei suoi 4 anni sulle sponde del Pacifico, Davies si prende tutte le attenzioni in un campionato in crescita come l’MLS, visto da tanti giovani come lui come una rampa di lancio verso il calcio che conta. Nel frattempo, colleziona record su record: diventa il giocatore più giovane a firmare un contratto professionistico nella lega americana, all’età di 15 anni e 3 mesi, a segnare una rete nella storia dell’USL, a 15 anni e 6 mesi, oltre ad essere il calciatore in attività più giovane in Major League Soccer.
Nel settembre 2016 segna la sua prima rete da professionista nella CONCACAF Champions League 2016-2017 contro lo Sporting Kansas City. Esattamente un anno dopo diviene il secondo giocatore più giovane in assoluto a cominciare una partita da titolare, contro i Colorado Rapids, mentre il 3 marzo 2017 segna la sua seconda rete nella CONCACAF Champions League, aiutando la sua squadra ad accedere alle semifinali continentali per la prima volta nella storia del club.
L’annata 2018 da 8 gol e 9 assist in 27 presenze è quella che convince Hasan Salihamidzic, direttore sportivo del Bayern, a volare fino in Canada per farlo firmare con loro. In un’estate in cui le concorrenti fissano gli schermi per trovare il nuovo talento al Mondiale russo, i bavaresi “rubano” Davies per soli 10 milioni, facendogli firmare un contratto fino al 2023.
Pur avendo giocato una sola stagione a Monaco, il talento canadese ha già saputo imporsi ad alti livelli, tanto in Bundesliga quanto in Champions League. Più che con Kovac, Davies ha trovato continuità con Hansi Flick, colui che doveva in teoria essere un semplice traghettatore. Sembra paradossale che il picco di prestazioni sia stato raggiunto con un tecnico “precario” piuttosto che con il designato erede di un mostro sacro come Jupp Heynckes, ma la verità è che la qualità di Davies non è mai sparita. Se fosse stato così, un 20enne canadese non avrebbe mai tolto il posto a David Alaba, da anni uno dei migliori terzini al mondo.
Full power

Se dovessimo analizzare le due fasi di gioco di Alphonso Davies, capire in quale eccelle sarebbe un lavoro troppo semplice. Per capire quanto il talento canadese sia formidabile quando può spingersi in avanti basta fare un paragone con i numeri di Alaba.
Sebbene l’austriaco lo preceda in termini di passaggi completati e cross, Davies è primo in categorie quali contrasti vinti (58% vs. 55.7%), tocchi a partita (94.7 vs. 84.8), distanza percorsa (11 km vs 10.6 km), e velocità di punta (35.4 km/h vs 34.4 km/h).
Guardando questi dati, la prima qualità che emerge è certamente la velocità. Lo sprint del canadese è infermabile: quando prende palla in movimento, ad esempio dopo uno scambio con un compagno, e inizia ad accelerare, tentare di fermarlo diventa una missione pressoché impossibile. Ma se a correre veloci siamo bravi tutti, avere la sua pulizia tecnica e la sua visione a quella velocità è piuttosto inusuale. Nel match contro il Friburgo, ad esempio, ha percorso 73 metri in 10.1 secondi prima di servire un cioccolatino a Lewandovski, che da buon 9 qual è non ha esitato a mettere in porta un assist al bacio.
Guardando spezzoni delle sue partite è facile notare come Davies sappia sempre calibrare la forza e la precisione dei suoi cross per offrire il pallone migliore possibile al suo compagno. Una qualità, la precisione nell’assist, che al giorno d’oggi è sempre più richiesta agli esterni bassi, e che giocatori come Alexander-Arnold e Robertson stanno trasformando in arte.
Davies non è però solo inafferrabile quando è in movimento, bensì è capace di diventarlo anche quando parte da una situazione statica. Se fronteggiato in 1 contro 1, il canadese sfrutta il suo atletismo e la sua forza nelle gambe per tenere a distanza l’avversario e saltarlo col primo tocco. In questo ricorda molto Theo Hernández, uno che in Serie A ha ammaliato tutti con il suo fisico e con le sue progressioni interminabili.
Di primo acchito, Davies sembra un novello Marcelo, talmente votato alla fase offensiva da non contemplare l’esistenza della difesa. La verità è che la velocità non è solo l’arma offensiva principe del gioco del canadese, bensì il suo asso nella manica quando si tratta di difendere.
Sia che debba rincorrere un avversario in campo aperto, sia che venga saltato in situazioni statiche, l’esterno basso del Bayern riesce sempre a ricucire la distanza che lo separa dall’attaccante. Il più delle volte ricorre all’uso del fisico, tramite il quale protegge il pallone da eventuali tentativi di riconquista immediata, ma certamente non disdegna le scivolate, sempre pulite ed eleganti.
Insomma, Alphonso Davies pare avere tutto ciò che viene richiesto ad un esterno basso per essere considerato moderno. Non solo ha una velocità straripante, una visione di gioco di primo livello e una qualità tecnica invidiabile, bensì riesce anche a dare un’egregia mano quando si tratta di difendere. Se dovessimo contare quanti difensori sanno fare entrambi le fasi al suo livello, li conteremmo sulle dita di una mano.
Questo vuol dire che a soli 19 anni, Alphonso Davies può già essere considerato tra i migliori del mondo nel suo ruolo. E a chi afferma il contrario consiglierei di andarsi a rivedere le statistiche di questo ragazzo nel match di Champions contro il Chelsea, la partita in cui tutto il mondo si è accorto del suo incredibile talento: 100% di tackle vinti, 91% di precisione nei passaggi, 8 palle recuperate, 85% di dribbling riusciti, 1 assist.
Trent Alexander-Arnold, il laterale destro più forte al mondo, ha vinto la Champions a soli 20 anni, rendendosi protagonista dell’incredibile rimonta del Liverpool contro il Barcellona con un assist semplicemente magico. Davies ha già incantato la platea continentale contro il Chelsea, e chissà che questo non sia solo l’inizio di una cavalcata trionfale, tanto per il canadese quanto per il Bayern.
Con tutto questo talento a disposizione, Liverpool e Monaco non sono mai state così vicine.