Free Bird

Il miglior centrocampista al mondo, senza ombra di dubbio

“Free Bird” è assieme a “Sweet Home Alabama la canzone più conosciuta dei Lynyrd Skynyrd a livello globale. Celebre per la sua durata di ben 9:07 minuti, nonché per i 4 minuti di assolo del chitarrista Allen Collins, il brano è stato incluso nella classifica “500 Songs that shaped Rock&Roll” di Rolling Stone, e alla posizione 193 della lista delle 500 migliori canzoni di sempre pubblicata da quest’ultima.

“Free Bird” è anche il titolo di questo articolo, e a dire la verità non poteva esserci un modo migliore di questo per descrivere il protagonista di questo pezzo. Kevin De Bruyne è certamente uno spirito libero, ma non di quelli che si abbandonano ad eccessi (vedasi Cassano e Adriano), bensì un professionista esemplare spesso definito come “l’uomo più silenzioso dello spogliatoio”. Libero lo è soprattutto in campo: di inventare, di vedere gioco, di infuriarsi quando i suoi compagni non colgono le sue illuminazioni calcistiche. Perché si sa, i migliori richiedono sempre il massimo dai loro compagni, e quando questo non succede la frustrazione è il primo sentimento a fuoriuscire.

Talento e sacrifici

“Non vogliono che torni, la famiglia d’accoglienza non ti vuole più”. Kevin De Bruyne ha 15 anni ed è appena tornato a casa dalla sua famiglia, dopo aver trascorso un anno in una host family di Genk, dove si era trasferito l’anno prima per giocare nelle giovanili della migliore cantera del Belgio. È un momento complicato per un ragazzo così giovane: la sua famiglia “adottiva” non lo vuole perché non è un animale sociale, parla poco ed è timido, insomma perché non è il figlio perfetto. Il rifiuto a quell’età non è facile da gestire, ma De Bruyne già sa che la sua rivincita se la prenderà sul campo grazie al suo enorme talento.

Ciononostante il Genk, che negli ultimi dieci anni ha lanciato fenomeni come Milinkovic-Savic, Courtois e Koulibaly, lo fa esordire a soli 17 anni. Nella prima stagione gioca solo due match, ma dall’annata successiva si ritrova pienamente tra i titolari, concludendo la sua esperienza in patria con l’exploit del 2011-12, in cui segna 8 gol e fornisce 11 assist in 28 incontri di campionato.

La titolarità del 20enne belga in campo europeo attira l’attenzione del Chelsea, che a gennaio dello stesso anno decide di acquistarlo per 8 milioni salvo poi lasciargli concludere l’anno nel Genk. Dopo una stagione di transizione al Werder Brema, conclusa con 33 match da titolare in Bundesliga, 10 gol e 9 assist, De Bruyne atterra finalmente a Stamford Bridge.

Alla prima grande occasione della carriera, KDB fallisce per colpa di un feeling mai sbocciato con Mourinho, tanto da convincere il belga a chiedere la cessione a gennaio. Come raccontato dallo stesso De Bruyne a The Players’ Tribune, il tecnico l’aveva chiamato nel suo ufficio verso dicembre mostrandogli come le sue statistiche recitassero “Un assist, zero gol, dieci palloni recuperati”. Confrontate con quelle di Willian, Schurrle e Mata sono impietose, ed è in quel momento che KDB capisce come la sua avventura a Londra sia giunta al termine. L’incontro, però, non finisce lì perché Mou ha ancora qualcosa da dirgli: “Se Mata parte allora diventerai la quinta scelta invece che la sesta”. Dopo quel meeting De Bruyne lascerà il Chelsea, firmando per il Wolfsburg.

Arrivato in Germania con l’etichetta del fallito appiccicata addosso, il belga fa ricredere tutti indossando la maglia n°14, omaggio all’idolo d’infanzia Johan Cruijff. Se nella prima stagione totalizza solo 16 presenze, a cui si sommano 3 gol e 6 assist, l’annata dell’esplosione è la 2014-15. Il Wolfsburg chiude il campionato secondo, dietro solo al Bayern di Guardiola, vincendo sia la coppa di Germania che la successiva Supercoppa. De Bruyne è l’astro di quel team: 10 gol e 20 assist (tutt’oggi record della Bundesliga) in campo nazionale, a cui si aggiungono 5 gol e 1 assist in 11 match di Europa League.

Le sue prestazioni fanno impallidire chiunque, e ora i top club fanno la fila per accaparrarselo. KDB si è preso la rivincita su chiunque lo dava per spacciato, dalla famiglia che lo aveva rifiutato a José Mourinho, incapace di attendere la fioritura di un talento non convenzionale. Lo cerca Klopp per il Borussia Dortmund, ma alla fine se lo aggiudica il Manchester City per 55 milioni, su consiglio del capitano Vincent Kompany, che giocandoci assieme in Nazionale ha potuto vedere l’enorme qualità del suo prossimo compagno di squadra. L’importante cifra sborsata dagli sceicchi sorprende molti addetti ai lavori, anche perché De Bruyne aveva fatto fino a quel momento solo una stagione ad alto livello: la verità è che al giorno d’oggi, con il belga che vale almeno tre volte tanto, quello della dirigenza inglese è un fantastico colpo da 90.

In cinque anni di Manchester City, le cifre parlano da sole: in 208 incontri disputati, 50 gol e 86 assist. De Bruyne è diventato fin da subito uno dei pilastri di una squadra capace di vincere due Premier League di fila, stabilendo nella stagione 2017-18 il record di punti (100), di maggior numero di vittorie consecutive (18), di maggior numero di vittorie in trasferta in una stagione (16), di maggior numero di gol segnati in una stagione (106), nonché quello riguardante la migliore differenza reti in una singola annata (+79). Analizzare che tipo di giocatore è il belga potrebbe aiutarci a capire meglio la sua centralità nel Manchester City di Guardiola.

Visione

KDB è un destro naturale che usa con estrema abilità il suo piede forte: interno, esterno, collo e, come tanti giocatori moderni, utilizza bene e con frequenza anche la suola per controlli orientati e preparazioni veloci al tiro. Il sinistro è meno utilizzato e meno abile. Il destro è usato per il gioco corto, ma De Bruyne preferisce quasi sempre giocare sul medio-lungo e il suo lancio, sia rasoterra che alzando la palla, è veloce e preciso.

Uno dei suoi tanti pezzi forti tecnici è la conduzione della palla: KDB ha un controllo esemplare anche a elevata velocità, il contatto col pallone è frequente e la velocità non toglie nulla alla delicatezza con cui lo tiene vicinissimo ai suoi piedi. Utilizza le sue qualità in conduzione per saltare in corsa gli avversari, spostando con rapidità il pallone, mentre si muove con velocità e agilità, ma non abusa delle sue capacità: è un giocatore essenziale che non tiene la palla più del necessario, e che mantiene il possesso solamente per trovare la migliore soluzione di passaggio possibile.

La dinamicità è un tratto che contraddistingue il suo stile: KDB aggredisce la partita e il suo atteggiamento in campo è sempre caratterizzato da una esuberante vitalità. Ama muoversi per il campo e per questo è capace di fornire al compagno in possesso di palla sia un appoggio sicuro avvicinandosi, sia un’opzione profonda allontanandosi.

Tornando al più grande punto di forza di KDB, la sua capacità di fornire assist ai compagni, possiamo definirlo una vera e propria macchina generatrice di occasioni da gol. Il suo assist tipo non è barocco ma, coerentemente con il suo stile di gioco, copre dritto e veloce come un laser la via più breve tra il piede di KDB e quello del compagno meglio piazzato per concludere a rete. Il continuo dinamismo potrebbe far pensare che si tratti di un giocatore poco riflessivo, ma la sorprendente abilità del belga è quella di riuscire a processare nella sua mente la migliore e più diretta soluzione per arrivare alla conclusione mentre è impegnato a fare altre mille altre cose.

Ha in testa la verticalità, che esprime sia conducendo palla, sia progettando e realizzando traiettorie che giungano prima possibile nella zona pericolosa per gli avversari: è programmato per il movimento continuo, suo, dei compagni e del pallone. Guardandolo giocare, sembra che il suo cervello processi le informazioni prima di chiunque altro, non a caso la precisione dei suoi passaggi è chirurgica: se i compagni di Beckham dovevano solo posizionarsi e attendere i cross al bacio dello Spice Boy, i compagni di KDB devono solo fare i movimenti giusti e attendere che il lancio del belga li raggiunga.

Arrivato a Manchester da trequartista, De Bruyne è stato successivamente plasmato da Guardiola, che ha reso lui e David Silva due tra mezzali più forti del pianeta. Quella di Pep è stata una mossa da genio, perché arretrandolo gli ha permesso non solo di avere una visione del campo più ampia, ma gli ha anche dato il tempo di pensare alla scelta più redditizia possibile, cosa che da “10” non avrebbe potuto mettere in atto. In Inghilterra, il ruolo di KDB l’hanno chiamato “free 8”: una definizione più che azzeccata, che sta ad indicare una mezzala libera di muoversi lungo tutto il fronte d’attacco. Durante la fase offensiva il belga si posiziona sempre dietro la prima linea di pressing, così da avere spazio per dare il via alla transizione.

La cosa che paradossalmente sorprende maggiormente sono i suoi movimenti senza palla, che sono di qualità superiore. De Bruyne ha un’abilità nella lettura degli spazi che è letteralmente fuori dal normale, grazie alla quale riesce sempre a posizionarsi nel modo migliore per rifinire ogni azione in cui è coinvolto. Sa quando deve andare incontro al compagno e quando lanciarsi in profondità, con un’estrema naturalezza. Non è raro vederlo muoversi molto su tutto il fronte offensivo, qualcosa che Guardiola chiede sia a lui che all’altra mezzala, al fine di creare superiorità numerica nelle zone clou del campo. Quando la squadra riconquista palla e parte in contropiede, KDB si fionda verso il primo o secondo palo in base a dove si trova il suo compagno, con l’obiettivo di attirare l’avversario fuori posizione e di creare spazi utili da attaccare.

Quali conclusioni possiamo trarre arrivati a questo punto? Quello che possiamo affermare, senza ombra di dubbio, è che Kevin De Bruyne è il centrocampista più forte al mondo in questo momento. Ha un’intelligenza calcistica straordinaria, a cui si uniscono un talento e una tecnica non convenzionali: in una parola, completo.

Magari è anche per questo che lui e Pep sembrano fatti l’uno per l’altro. Condividono la stessa ossessione per la perfezione, per la ricerca del particolare. Chissà, forse in futuro De Bruyne diverrà un allenatore tanto rivoluzionario quanto il suo maestro, plasmando la storia del calcio con le sue idee, come ha fatto e continua a fare Guardiola.

Per ora meglio godercelo in campo, sperando che il momento del suo ritiro non arrivi mai. Questo mondo ha ancora bisogno della sua magia.

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