Erling Braut Haaland è la forza distruttrice del calcio

“If you had
One shot
Or one opportunity
To seize everything you ever wanted
In one moment
Would you capture it
Or just let it slip?”
(Lose Yourself, Eminem)
Se dovessi descrivere Erling Braut Haaland con un’immagine, lo paragonerei ad un fulmine che appare all’improvviso, squarciando violentemente il paesaggio che lo circonda. Un bagliore estemporaneo, un lampo che mostra l’incredibile forza della natura nel tempo di qualche millisecondo. Kant l’avrebbe identificato con il sublime, capace di ammaliare e terrorizzare allo stesso tempo, noi moderni invece lo chiamiamo semplicemente per nome e cognome.
Tentare di spiegare che tipo di calciatore è il norvegese classe 2000 non è facile: non tanto perché il suo modo di giocare sia impercettibile (alla Bernardo Silva ad esempio) ma perché lo si può paragonare a talmente tante cose che i soliti parallelismi risultano riduttivi. Le esultanze, in questo senso, ci spiegano il carattere di Haaland. Quello che traspare guardandolo dopo un gol è il senso di superiorità, quasi disprezzo, che ha nei confronti degli avversari. Quando giocava a Salisburgo esultava aprendo le braccia a croce e spalancando la bocca, quasi volesse gridare “I am the Greatest”. Insomma, un incrocio tra Ibrahimovic e “Saturno che divora i suoi figli” di Goya. A Dortmund, per incrementare ancor di più la distanza tra lui e i comuni mortali, si siede sull’erba, chiude gli occhi e inizia a meditare nella posizione del Loto, quasi a voler richiamare l’origine divina del suo talento.
Se da questa breve descrizione Haaland vi sembra un calciatore sbruffone è perché probabilmente lo è, o almeno ha una tale considerazione di sé e fiducia nei propri mezzi che ogni suo atteggiamento viene etichettato in questa maniera. Ancora una volta scatta il paragone con Zlatan, l’uomo che si è autodefinito divinità, a cui il giovane norvegese si avvicina anche come tipologia di atleta.
La vera differenza è che se Ibra ha sempre avuto una certa propensione per l’assist, il wonderkid scandinavo vive solo per il gol. Quando riceve palla oltre la difesa, inizia semplicemente a divorare il campo, diventando inarrestabile per chiunque.
Tutto il gioco di Haaland, a dire il vero, sembra tenersi in equilibrio grazie alla sua capacità di coordinare un corpo così grande per compiere movimenti che non sembrano potergli appartenere.
Pur essendo un calciatore estremamente fisico, non cerca di limitare i suoi “difetti” (la scarsa elasticità di un corpo di 195 cm, ad esempio) al contrario, il suo gioco è fatto di gesti e situazioni per cui sembra essere troppo grande.
Haaland non brilla particolarmente nel gioco spalle alla porta, né nei duelli aerei o nelle protezioni in situazioni statiche; ama invece giocare velocemente, ricevere fronte alla porta e correre come una bestia appena liberata da un periodo di cattività. Più è fermo e meno risulta efficace, più è lanciato in velocità e meno risulta gestibile per i difensori che lo fronteggiano. Ieri con il Paris Saint-Germain l’ha ampiamente dimostrato, giocando in maniera molto essenziale e sfruttando il suo gigantesco fisico per prendere spazio e partire in contropiede. Haaland non è per nulla un giocatore barocco che si perde in tocchi raffinati, bensì è l’efficienza fatta a persona: se fa un assist è perché sta mandando un compagno a rete, mentre più si avvicina alla porta maggiore è il suo istinto di calciare una mina volta a bucare le mani al portiere.
Facendo ancora il paragone con Ibrahimovic, il talento norvegese appare molto meno elegante dello svedese, ma è proprio questo che forse lo aiuta a rendersi imprevedibile agli occhi dei difensori.
La partita di ieri, come tutte quelle giocate a Dortmund finora, ha mostrato che tipo di giocatore è Haaland. Contro una difesa formata da Thiago Silva, Marquinhos e Kimbempé, il centravanti del Dortmund sembrava una ruspa intenta a demolire un palazzo. Chiunque lo stesse marcando tentava di limitarlo fisicamente, spesso non riuscendoci. L’unico trucco, riuscito un paio di volte a Thiago Silva, è stato anticiparlo sul tempo. Un’impresa ardua, vista la mole dell’uomo con cui si è scontrato.

Se siete arrivati fin qui e pensate che il classe 2000 sia davvero veloce per i suoi 87 kg, andatevi a rivedere lo scatto fatto ieri in occasione di un contropiede guidato da Sancho. La ripartenza inizia quando Haaland è ancora nella sua area di rigore, e quando termina il norvegese è a fianco al suo compagno dall’altra parte del campo. Sky ha calcolato che per correre quei 60 metri ha impiegato solo 6.64 secondi. Nel mondo reale, un tempo del genere dista 0.09 decimi dal record nazionale e solo 0.3 decimi da quello mondiale. Per intenderci, se avesse partecipato ai Mondiali di atletica indoor 2018, Haaland sarebbe arrivato 8° in finale.
Se il suo scatto impressionante ha sorpreso chiunque, il suo secondo gol ha lasciato tutti a bocca aperta per la potenza. Arrivato su assist di Gio Reyna, talento americano classe 2002, il tiro del norvegese ha fatto lo stesso suono di un’ascia che squarcia un tronco: secco e perfetto, talmente potente da essere sentito anche in televisione.
Se a questo punto della narrazione non siete ancora pienamente convinti del talento del 19enne nato a Leeds, lasciate che siano i numeri a persuadervi.
Al 19 febbraio 2020, Erling Braut Haaland ha registrato 39 gol in 29 incontri (28 in 22 match a Salisburgo, 11 in 7 presenze in Germania). Con la doppietta al PSG di ieri è diventato il più veloce della storia della Champions a raggiungere la doppia cifra, impiegando sette partite. Da quando si è trasferito a Dortmund, segna un gol ogni 40 minuti, e le sue 11 reti sono arrivate con solo 13 tiri. Ha lasciato il segno al debutto in campionato, coppa nazionale e competizione europea, primo della storia del BVB a farlo. Ha vinto il premio come miglior calciatore di gennaio della Bundesliga pur avendo giocato solo 59 minuti, e con le sue dieci marcature in Champions League ha segnato più del Barcellona e dell’Atletico Madrid in questa stagione. Infine, l’impatto di Haaland è reso ancor più chiaro dagli xG (expected goals, ovvero la probabilità dei tiri di finire in rete sulla base di determinati parametri): 8 gol in campionato rispetto ai 5.3 xG previsti, 2 reti in Europa rispetto agli 0.8 xG pronosticati.
Essere coetanei di un calciatore dal talento così impressionante significa anche avere l’opportunità di seguire la sua carriera passo dopo passo, di vederlo crescere, maturare e vincere. Pur non avendo avuto la possibilità di vedere all’opera leggende come Maradona e Van Basten, ma nemmeno campioni come Ronaldo e Shevchenko, ho sempre pensato che le uniche leggende che racconterò alla prossima generazione di amanti del calcio sarebbero state Messi e Cristiano Ronaldo. La verità è che io potrò anche raccontar loro le gesta dei futuri fenomeni come Mbappé, De Ligt e Donnarumma. Tutto questo senza tralasciare un paragrafo su Erling Braut Haaland, il semidio venuto dal Nord per incantare l’Europa.