Esposito e Lautaro hanno impressionato, ognuno alla propria maniera

Il 2002 é stato un anno segnato da alcuni eventi importanti che hanno segnato nel bene o nel male la storia contemporanea. L’1 gennaio entra ufficialmente in circolazione l’euro come valuta di tutti e 12 i membri dell’Unione Europea, mentre il 30 dello stesso mese, durante il discorso sullo Stato dell’Unione, George W.Bush definisce “asse del male” il trio Iran-Iraq-Corea del Nord. E se maggio è il mese delle riconferme, con Chirac rieletto presidente in Francia (82.2% dei voti) e Blatter a capo della FIFA, giugno è il momento delle rivincite, con il Brasile di Ronaldo (capocannoniere e futuro Pallone d’Oro) sul tetto del mondo a quattro anni dalla disfatta in Francia. Il 2 luglio, a due giorni di distanza dalla finale di Yokohama, è nato Sebastiano Esposito, figlio di Antonella e Agostino. Muove i primi passi nei club del suo paese, poi va al Brescia prima di approdare all’Inter assieme al fratello Salvatore. Fa tutta la trafila nelle giovanili, poi a marzo di quest’anno debutta in Europa League contro l’Eintracht Francoforte a soli 16 anni.
Con l’arrivo di Conte, il giovane nerazzurro non va in prestito bensì rimane in prima squadra, facendo in tempo a fornire un assist magico a Sensi durante un incontro di pre campionato contro il Tottenham. Poi, come in un sogno, mercoledì viene chiamato dal tecnico salentino a sostituire uno spento Lukaku contro il Borussia Dortmund. Esordio in Champions, in un match cruciale, prendendo il post dell’acquisto simbolo del club: insomma, se qualcuno avesse voluto mettergli pressione ha fatto la scelta più azzeccata. Quello che è venuto dopo ormai è passato alla storia, con il rigore sbagliato da Lautaro e il gol di Candreva. L’errore non ha però macchiato eccessivamente la sontuosa prestazione dell’argentino, che è riuscito a mandare in visibilio San Siro con una partita maiuscola. Un ragazzo di 22 anni e uno di 17 hanno giocato come avessero esperienza da vendere, facendoci capire che saranno gli atleti come loro a essere i padroni del calcio del futuro.
Magister
La frecciatina nel post partita nei confronti di Luciano Spalletti fa capire quanto “El Toro” Martinez si trovi a suo agio con Antonio Conte in panchina. La storia di questo sport è piena di storie di giocatori che rendono a meraviglia guidati da certi tecnici, e l’esempio dell’ex Racing con l’attuale allenatore dell’Inter è solo uno di molti. La crescita di Lautaro è sotto gli occhi di tutti: rispetto alla scorsa annata, in cui l’argentino sembrava essere uno splendido equivoco tattico in bilico tra il trequartista e la prima punta, sempre all’ombra di Icardi, quest’anno Conte egli ha trovato l’abito perfetto. Merito anche della società che ha puntato su Lukaku, così da dare al proprio coach due calciatori che in teoria si associano perfettamente, alternandosi tra chi va in profondità e chi raccorda il gioco.
L’obiettivo contro il Dortmund era quello di sfruttare queste caratteristiche per provare ad infilare un trio di centrali che non fa della velocità il proprio asso nella manica. Il risultato è stato parzialmente convincente, soprattutto perché il centravanti belga non ha brillato, rendendo poco pericoloso sia sé stesso che i compagni, apparendo piuttosto lento e poco deciso nei duelli coi difensori. Lautaro invece è stato protagonista, e il vantaggio dell’Inter nasce proprio da uno schema tipo: De Vrij viene lasciato libero di avanzare oltre la metà campo, quel tanto che basta per lanciare l’argentino, che nel frattempo era sfilato dietro a Weigl. A parte il gol, “El Toro” ha mostrato tutto il suo set di movimenti, dai tagli tra le linee alle imbucate per i compagni,mostrando la sua maturazione anche nel processo di decision-making, come dimostra il passaggio per Brozovic che ha innescato il 2-0.
Nonostante il rigore sbagliato, nessuno mette in dubbio che la crescita di Lautaro sia stata esponenziale. Le statistiche parlano da sole: 5 gol nelle 4 ultime partite, contro avversari come Barcellona e Juventus, due gol in due match consecutivi di Champions, il più giovane a farlo dai tempi di Martins. E sebbene la fortuna negli ultimi tempi giri costantemente dalla sua parte, quello che probabilmente serve davvero a Martinez è ancora qualche partita per integrare completamente i suoi movimenti con quelli di Lukaku. Quando lo farà, anche Conte potrà essere totalmente soddisfatto dei suoi giocatori: un evento piuttosto raro, e si sa che ciò che è per pochi è spesso prezioso.
Senza paura
Si è scritto tanto sulla partita di Esposito, ma esprimere giudizi definitivi su un ragazzo dopo una mezz’ora di partita, seppur in Champions contro un avversario di primo livello, non è lo scopo in questa sede. Il classe 2002 è entrato con il piglio e le motivazioni giuste per un incontro del genere, pronto a spaccare il mondo e a sputare sangue, l’atteggiamento che il suo tecnico richiede a ogni membro della rosa. Zero tiri in porta e un rigore procurato restituiscono l’immagine di un ragazzo col fuoco dentro, di uno che inizia a pressare non appena mette piede in campo. Ed effettivamente questo è stato Esposito mercoledì sera, come dimostra l’esultanza dopo aver subito il fallo. Nel post-partita Cambiasso gli ha fatto saggiamente notare come non si debba mai esultare prima di un rigore, mentre Capello gli ha consigliato di non imboccare la strada di Zaniolo, quasi a volergli dire di non montarsi la testa. Il ragazzo ad ora pare l’essere umano più umile che esista, sempre con i piedi per terra anche quando un proprio volante infiamma San Siro. Speriamo tutti per lui che le sue prime apparizioni in tv non ci tradiscano in futuro, perché di esempi di giovani fenomeni mai arrivati ce ne sono a centinaia, a partire da quel Cassano a cui Adani l’ha paragonato dopo lo stop.
Esposito è un prodigio che sa di poter diventare il futuro tanto del suo club quanto della Nazionale. Il suo unico neo finora è che non ha del tutto definito la sua collocazione in campo, sospesa tra i modelli di Totti, di cui ha la pulizia tecnica e l’abilità nell’assist, e Icardi, di cui sembra aver ereditato fiuto del gol e senso della posizione.
Sebastiano da Castellammare di Stabia deve ancora capire chi è e cosa vuole fare da grande. Se riuscirà a farlo in fretta, possibilmente senza perdere le qualità che lo contraddistinguono dagli altri, allora avremo a che fare con un nuovo tipo di talento.
Con il calciatore del futuro.