Storia di un uomo fuori dagli schemi
Dodici ore di colloquio per spiegare la propria filosofia di calcio, 17 partite già viste e ampiamente analizzate, una conoscenza dei giocatori (e non solo quelli che si preparava ad allenare) al limite dello straordinario. Anche questo è Marcelo Bielsa e Andrea Radrizzani, proprietario del Leeds, l’ha assaporato in prima persona quando è volato a Buenos Aires per incontrare quello che sarebbe stato il suo prossimo tecnico. Guardiola, uno che ha sconvolto il calcio profondamente, sostiene che El Loco sia il migliore coach al mondo, mentre Tare e Lotito non sono della stessa opinione, dato che l’argentino ha abbandonato la Lazio dopo soli due giorni affermando che non avevano messo in atto le sue direttive sul mercato. Insomma, un uomo tutto d’un pezzo, genio e sregolatezza elevati all’ennesima potenza, tutto miscelato in un mondo che di tradizionale ha davvero poco.
Marcelo Bielsa intanto, a dispetto di molti suoi connazionali argentini, non viene da barrios di periferia in cui il calcio è l’unica via di riscatto sociale, bensì da una famiglia di giuristi: non casualmente da giovane viene soprannominato “señorino Marcelo”, come se i suoi amici volessero riferirsi a un ragazzo che vede lo sport come un semplice passatempo. Sfortunatamente per loro, “El Loco” non è così, è ossessionato dal calcio, uno che a 17 anni va a dormire negli appartamenti messi a disposizione dal Newell’s Old Boys assieme ai suoi compagni, dov’è libero di studiare due leggende del fútbol argentino come Menotti e Bilardo.
Long way to the top (if you wanna rock ‘n’ roll)
A 32 anni appende gli scarpini al chiodo, e inizia un viaggio di tre mesi per tutto il Paese alla ricerca di talenti per il suo club, di cui è allenatore delle giovanili. 24.000 km dopo, Bielsa e il suo assistente Pekerman iniziano a portare giovani fenomeni in quel di Rosario: Batistuta, Pochettino e Balbo sono alcuni dei nomi che portano Marcelo in trionfo praticamente in ogni competizione fuori dalla prima squadra. Inutile dire che nel 1990 viene chiamato ad allenare quest’ultima e vince subito il titolo, battendo club titolatissimi come Boca e River. Una vera e propria rivoluzione calcistica che si abbatte sull’Argentina, fatta di tagli in profondità, ossessiva ricerca dello spazio, costante pressing in uscita e ripartenze fulminee in contropiede. Nel 1991 tocca con un dito il tetto del continente, disputando la finale di Copa Libertadores, ma nonostante il suo gioco iper-aggressivo e maestoso perde ai rigori con il Sao Paulo di un certo Cafú. Sconfitta subito dimenticata con un altro titolo l’anno successivo, prima di andare in Messico dove tra l’altro scopre un pilastro del calcio tricolór come Rafa Marquez, capace di militare nel Barcellona di Ronaldinho.
Il grande fallimento arriva però al Mondiale 2002, nonostante la Selección arrivi da gran favorita dopo un cammino di qualificazione praticamente immacolato, con 13 vittorie e una sola sconfitta in 18 incontri, 43 gol segnati e solo 15 subiti. Batistuta, Aimar, Veron, Zanetti, Simeone e Veron sono il cuore pulsante di una armata agli ordini del generale Bielsa, che nonostante tutto esce ai gironi con solo una vittoria all’attivo, contro la Nigeria. Da quell’anno in poi vince l’Olimpiade 2004 lanciando un certo Tevez, porta il Cile agli ottavi mondiali per la seconda volta nella sua storia lanciando sullo scenario internazionale talenti come Vidal e Sanchez, per poi condurre l’Atlethic Bilbao di Llorente in finale di Europa League, dove viene sconfitto proprio da Simeone.
Va a Marsiglia dove viene subito adorato dai tifosi. Un quarto posto più tardi, dopo aver messo in mostra Gignac (18 centri), Imbula e Ayew va a Leeds, dove a quanto pare setaccia i campi per controllare se c’è polvere e dove obbliga i suoi calciatori a pulire i dintorni del centro sportivo per far capire loro i sacrifici dei tifosi che li supportano ogni settimana.
La prima stagione in terra inglese è ai limiti del drammatico, con i ragazzi di Bielsa che giocano un calcio offensivo e propositivo fatto di scambi rapidi e giocatori in continuo movimento. Il 3-3-1 del tecnico argentino, suo marchio di fabbrica, è stata fonte d’ispirazione per Guardiola e Pochettino, e in un contesto come quello della Championship la qualità del giro palla del Leeds risalta ancor di più. Dopo aver iniziato il campionato col piede giusto, imbattuto nelle prime otto giornate, i “Whites” continuano la loro marcia in cima alla classifica fino alla 30º, quando una brutta sconfitta in casa contro il Norwich fa perdere loro il primo posto. Un’annata incredibile, segnata dallo “Spygate” (un assistente di Bielsa aveva spiato il Derby Count prima di affrontarlo) e dal fair play del tecnico contro l’Aston Villa, quando aveva consentito agli avversari di segnare un gol dopo essere andato in vantaggio con un calciatore dei “Villans” a terra, conclusa con un’amara eliminazione ai playoff per accedere alla Premier League.
Questo piccolo fallimento non ha portato ad alcun cambio, anzi a una riconferma di tutto l’organico a partire dall’allenatore argentino: il patron del club, l’italiano Andrea Radrizzani, sa che la strada intrapresa è quella giusta e che la fiducia è la base di partenza per raggiungere la massima serie. Inoltre, dopo averci discusso per 12 ore di fila, conosce bene Bielsa ed è certo che questa stagione s’impegnerà ancor di più per riportare il club dove merita di stare. Lo farà con il suo stile, rimanendo fedele al suo calcio e alle sue idee, sempre pronto a guidare i suoi ragazzi dal suo magico sgabello blu a bordo campo.
Anche questo è El Loco. Lo si può amare o odiare, ma non restare affascinati dalla sua genialità e unicità nel bene e nel male è pressoché impossibile.
