Still I Rise

Dopo Sterling, un altro fenomeno del calcio inglese è emerso da un’infanzia difficile per affermarsi a livello mondiale

Quando si pensa al calcio tedesco, l’aspetto che spinge molte persone a non vederlo è la monotonia. Da sette anni di fila in Germania si assiste al dominio del Bayern Monaco, che nell’ultimo decennio è stato detronizzato solo per due stagioni dal Borussia Dortmund di Klopp. Con la Supercoppa il discorso è stato lo stesso fino a sabato, quando i gialloneri guidati da Lucien Favre sono riusciti a schiantare i rivali e a mettere in bacheca il primo trofeo della stagione. Una vittoria convincente, arrivata in un match dove è stato il cinismo l’ha fatta da padrone. Il Bayern ha tenuto il pallino del gioco in mano per molto, chiudendo con il 65% di possesso, e ha tirato molto più spesso, 16 tiri a 5, ma gli avversari sono riusciti a sfruttare meglio le occasioni, siglando due gol su quattro conclusioni totali nello specchio.

Uno dei grandi protagonisti è stato Jadon Sancho, il 19enne inglese che a suon di doppi passi e scatti brucianti ha fatto impazzire la difesa bavarese, risultando il migliore in campo grazie ad un gol e un assist. La prestazione maiuscola di Sancho, però, non va intesa come un bagliore accecante e temporaneo bensì come il primo step della stagione della riconferma. Un’annata in cui il nativo londinese vuole fare un’ulteriore passo verso il gotha del calcio mondiale, che guardando il suo potenziale sembra spettargli di diritto.

Kennington, scuola di vita

Il football fatto di dribbling, di magie col pallone, di numeri da circo non nasce certamente nei quartieri borghesi. Il lusso e il benessere delle famiglie sono eccessivi per dar vita a un tipo di calcio che ha radici irrazionali ed egoiste, dove a contare è la qualità del singolo e non l’organizzazione del collettivo. In un quartiere altolocato ci sarebbero dozzine di scuole calcio, allenatori preparati e strutture all’avanguardia pronte a insegnare l’importanza della tattica e del gioco di squadra. Per quelli come Jadon Sancho nati nei turbolenti quartieri delle metropoli, nel suo caso a Kennington (sud di Londra, ndr), la vita è talmente difficile che se non inizi a schivare i pericoli fin da giovanissimo rischi di trovarti intrappolato in una vita che nessuno si sognerebbe di condurre. In molti casi l’unica ancora di salvataggio è un pallone, strumento che ti permette di sperare in un futuro roseo tanto per te quanto per la tua famiglia.

Jadon, nato da genitori trinidadiani emigrati in UK, ha ottenuto la sua chance di riscatto all’età di 12 anni quando viene chiamato dal Watford. I coach dell’accademia si accorgono subito delle qualità del ragazzo, tra cui emergono una tecnica di altissimo livello e una netta propensione al dribbling. D’altronde se si “nasce” per strada l’attitudine in campo è una e una sola: saltare ogni uomo che ti si para davanti cercando di non cadere a terra, dato che da quelle parti del manto erboso non c’é nemmeno l’apparenza.

8 anni alla corte degli Hornets completano il processo di maturazione di un ragazzo che all’alba del 2015 è pronto al grande passo. Lo step successivo sembra di quelli importanti, visto che ad accoglierlo c’é niente meno che il Manchester City per la modica cifra di 8 milioni di euro. Pare essere l’inizio di una luna di miele destinata a durare a lungo, ma si trasformerà presto in un enorme malinteso.

Un inglese a Dortmund

Arrivare in un club come i Citizens significa aver sfondato nel calcio. Il discorso per Jadon Sancho è diverso, dato che la sua esperienza al City è stata solo una tappa verso qualcosa di più grande. A Manchester è stato il grande incompreso, quello su cui non si è puntato abbastanza prima di mangiarsi le mani. Si, perché nella Academy degli sceicchi il talento inglese ha passato solo due anni (2015-17) prima di capire che nonostante le parole confortanti di Guardiola, sarebbe stato meglio andare a giocare in un club in cui potesse partire da titolare.

Come molti suoi connazionali, anche Sancho ha scelto di trasferirsi in Germania. Il motivo è principalmente uno, ovvero il minutaggio che viene loro concesso: la Bundesliga dà grande spazio ai giovani, e il fatto che sia un mercato che si caratterizza per una certa sostenibilità economica aiuta a non creare troppa concorrenza per i ragazzi che vogliono emergere.

A un anno di distanza, la decisione di andare al Borussia Dortmund si è rivelata perfetta per l’ala inglese. Ha trovato l’ambiente giusto per crescere, esordendo a ottobre e diventando molto presto un titolare inamovibile. L’anno successivo, sotto la guida di Lucien Favre, il rendimento di Sancho esplode: 13 gol in 43 partite complessive, ai quali si aggiungono ben 17 assist, in un’annata in cui i gialloneri fanno 2.14 punti a partita con Jadon in campo. Quest’estate la dirigenza del Dortmund ha dovuto rispedire qualche offerta al mittente, soprattutto quelle provenienti da entrambe le sponde di Manchester, affermando che non ci fosse motivo di contattarli per Sancho perché non si sarebbe mosso dalla Germania nemmeno di fronte a offerte da capogiro.

Catch me if you can

A convincere il Borussia a trattenere il ragazzo sono state prestazioni come quelle di Supercoppa, dove l’ala inglese ha chiuso con 4 dribbling riusciti, 2 passaggi chiave, 1 gol e un assist. In un match di così alto livello sono usciti pregi e difetti del nuovo crack del calcio d’Oltremanica: da un lato la capacità di accendersi improvvisamente e far impazzire le difese avversarie grazie ad un set di skill, dribbling inarrestabili e velocità sovrumane, specialmente in campo aperto. Il Dortmund, in questo senso, è il club perfetto per lui dato che ama difendersi e ripartire a ritmi per molti insostenibili. Più la situazione si fa complessa, come in occasione dell’1-0 di Paco Álcacer, più Sancho ricorre allo street football, districandosi in situazioni apparentemente proibitive.

La capacità di infiammarsi da un momento all’altro, però, non ha solo lati positivi. Il nativo di Kennington pare ancora un talento da sgrezzare, soprattutto nella visione di gioco: capita infatti che non sempre abbia la lucidità necessaria per aprire l’azione, che fatichi a smarcarsi e che si intestardisca un po’ troppo in numeri e dribbling a volte fini a se stessi. Se si analizza la partita col Bayern al dettaglio, si noterà come Sancho sia non solo un mix esaltante sotto certi aspetti, bensì anche un insieme di letture sbagliate e passaggi pressoché inutili.

Ciononostante, il più delle volte tendiamo a fare meno attenzione a questi particolari, ammaliati come siamo dalla tecnica del nº10 giallonero. Le sue abilità con la palla, le sue corse in campo aperto stupiscono talmente da non farci spesso prendere in considerazione i lati negativi del suo gioco. I margini di miglioramento, considerando che è un classe 2000, sono enormi e le premesse fanno ben sperare l’Inghilterra e il mondo intero. Ora la palla passa a lui, perché come dice un antico detto, l’uomo è l’artefice del proprio destino.

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