Il terremoto della Free Agency ha scombussolato un’intera Lega, dandoci tre super candidate al titolo
Gli sport professionistici hanno subito molti terremoti nella loro storia, e ognuno ha contribuito in qualche modo a plasmare il proprio presente e futuro. Maradona a Napoli dopo un tira e molla infinito, Kobe Bryant in maglia Lakers dopo che era stato draftato dagli Charlotte Hornets, oppure il River Plate che non riesce a pagare le cure mediche a un giovane Lionel Messi, che per fortuna o per destino finisce nelle braccia del Barcellona. Ogni sport ha le sue storie, che viste con il senno del poi assumono dei connotati leggendari, soprattutto se i personaggi in questione diventano campioni .
La Free Agency 2019, in questo senso, può essere considerato come il maggior terremoto sperimentato dall’NBA sulla propria pelle dai tempi della “Decision” di Durant o di quella storica di Lebron. Se però in quei casi era stato un solo trasferimento a cambiare gli equilibri della Lega, con KD che era andato a formare gli “Hamptons Five” a Golden State e Lebron i “Big 3” a Miami, stavolta lo stravolgimento è molto più profondo. Una grande rivoluzione dettata dalla scelta di molti top player di cambiare casacca, o perché alla ricerca di nuovi stimoli o per la semplice fama di titoli.
Anthony Davis ai Lakers, Durant e Irving a Brooklyn, Leonard e George ai Clippers, sono i principali trasferimenti di un’estate che non ha dato ai tifosi un attimo di tregua. Nonostante il mercato chiuda a febbraio e manchino ancora più di due mesi all’inizio della regular season, iniziare a riflettere sull’NBA 2019-20 potrebbe rivelarsi interessante. Perché, analizzando le coppie che si sono formate, si scopre che quest’anno una tra Los Angeles e New York potrebbe assistere a delle parate con bus scoperti e trofei scintillanti all’orizzonte. La caccia all’anello è appena iniziata.
Eastern Conference : Brooklyn State of Mind

Durant e Irving, nuovi sceriffi in città
KD & Kyrie : Brooklyn ha i suoi eroi
“Nel mio cuore sapevo che avrei sempre voluto tornare a casa.” Parole al miele quelle di Kyrie Irving per la sua Brooklyn, in cui torna finalmente da cestista dopo aver essere stato croce e delizia di altre piazze NBA come Boston e Cleveland, che l’hanno reso la star che è oggi. C’é poi un numero, il 35, che ha reso un ragazzo altrettanto celebre: si tratta ovviamente di Kevin Durant che dopo averlo scelto in onore del suo allenatore Chuck erroneamente ucciso, è partito alla conquista del mondo. Arriva nella nuova capitale del basket con un nuovo numero (il 7), due anelli, un titolo di MVP della regular season e due di MVP delle Finals, reduce da un’esperienza folgorante come quella nella Baia, dove per 3 anni ha vissuto come fosse una divinità in una squadra leggendaria. Esperienza inversa per l’altra nuova stella dei Nets, che nonostante avesse lasciato Cleveland per uscire dall’ombra di Lebron, a Boston non è mai stato il leader che tutti si aspettavano. Per ironia della sorte, i Celtics hanno fatto meglio senza di lui, sconfitti solo da un magico James a gara 7 delle Eastern Conference Finals 2018, che con lui in campo.
Le due superstar arrivano in una squadra che in soli 3 anni è riuscita a trasformarsi dal cigno nero dell’NBA a una seria candidata al Larry O’Brien Trophy. Merito del lavoro del GM Sean Marks e del coach Kenny Atkinson, capaci di far fruttare il loro lavoro al meglio, portando una franchigia dal record di 20-62 nel 2017 al 6° posto della passata stagione. L’enorme spazio salariale di quest’anno ha permesso alla dirigenza di lasciar partire Russell senza eccessivi rimpianti, dato che è stato sostituito da due fenomeni. Accanto a loro, i Nets hanno costruito un ottimo roster, aggiungendo a dei titolari come Dinwiddie, LeVert e Allen un giocatore di fisico ed esperienza come Deandre Jordan, fortemente voluto da KD e Kyrie. I contributi dalla panchina di Joe Harris, gran tiratore dall’arco, nonché di Prince e Temple potranno essere importanti in chiave playoff, quando anche le seconde linee contano. Per quest’anno vincere il titolo sembra molto complicato, ma se Irving inizia a capire come ci si muove da leader e Durant ritorna dall’infortunio senza ulteriori complicazioni, la prossima stagione potrebbe essere quella giusta.
Western Conference : quando la Mecca è Los Angeles

Il Re e il Monosopracciglio : Kobe-Shaq 2.0?
Quando Los Angeles torna ad essere la Mecca del basket americano significa che molto probabilmente c’è lo zampino di Jerry West. Dopo essere stato un giocatore eccezionale negli anni ’60, tanto da finire sul logo dell’NBA, il nativo di Chelyan è un’ottimo dirigente che può annoverare tra i suoi grandi colpi Shaq e Kobe ai Lakers e Durant agli Warriors, tutti convinti con delle semplici chiacchierati, che poi tanto banali non sono quando a dialogare con te c’è una leggenda del gioco. Fatto sta che non appena Leonard ha dichiarato che avrebbe vestito la maglia dei Clippers, tutti hanno pensato che l’aiuto di “Mr.Logo” fosse stato fondamentale. Cruciale per rimettere LA al centro della cartina cestistica americana, dove d’altronde merita di stare.
Lebron & AD : il titolo è l’unica cosa che conta
Dopo un anno di transizione e di caos societario successivo all’addio di Magic Johnson, i Lakers sono pronti a dare l’assalto alla corona. Stavolta non c’é solo Lebron e un branco di giovani di qualità, bensì un’altra grande stella e un insieme di ottimi giocatori che possono aggiungere un nuovo titolo alla bacheca. Con lo sbarco di un fenomeno come Anthony Davis, finalmente in una franchigia degna del suo talento, i Lakers ottengono un giocatore eccellente tanto in difesa quanto in attacco. Un uomo da 25.9 punti, 12 rimbalzi e 3.9 assist di media, che tira con il 51% dal campo e con il 33% da tre. Cifre incredibili per un top player che giocherebbe in teoria solo dentro l’area, ma che con gli anni ha sviluppato una sensibilità e un QI cestistico che lo rendono pericoloso dovunque.
Accanto a lui c’è il Re, che a 35 anni sa di essere ancora in grado di fare enormemente la differenza, come dimostrano i numeri dello scorso anno, che parlano di 27.4 punti, 8.5 rimbalzi e 8.3 assist di media a match. Un atleta eccellente dal fisico di ferro e dall’abilità divina, capace di portare una squadra come i Cavs a tre finali di fila. Quest’anno, fortunatamente per lui, nuovi compagni come Green e Cousins dovrebbero portare quella dose di esperienza che l’anno scorso era l’anello debole del team. Kuzma rimane tra i titolari, mentre tutti gli altri a partire da Rondo e McGee possono garantire la profondità necessaria per arrivare in fondo. Al nuovo coach Frank Vogel l’arduo compito di riportare i Lakers dove meritano di stare.
Kawhi & PG : quando i Clippers sono i favoriti
Se i Lakers partono coi favori del pronostico solo per la presenza di Lebron, molti esperti del settore danno come veri favoriti al titolo i Clippers, che quest’anno potranno finalmente spogliarsi dell’etichetta di cugini perdenti nella storia del basket losangelino. Gli arrivi di Leonard e George sono stratosferici, perché portano in dote due atleti che sono magnifici in entrambi i lati del campo, capaci di far coincidere una notevole produzione offensiva con una grande applicazione difensiva, che in NBA non è da tutti.
Per ciò che riguarda Kawhi, la sua storia perla da sola. Ha vinto quasi da solo due titoli spezzando due dinastie magiche come quella degli Heat nel 2014 e quella di Golden State lo scorso anno, portando alla vittoria le sfavorite e meritandosi i due titoli di MVP delle Finals che si ritrova in casa.
George ha sempre fatto grandi cose, soprattutto alla luce della frattura di tibia e perone del 2014, che aveva fatto pensare a molti che la carriera di PG13 non sarebbe stata mai più la stessa. Durante lo scorso anno ha fatto vedere di che pasta è fatto, trascinando assieme a Westbrook i Thunder ai playoff, chiudendo l’anno con 28 punti, 8.2 rimbalzi e 4.1 assist di media a partita. La cocente delusione dell’eliminazione al primo turno contro Portland, con George che tra l’altro ha visto l’incredibile game winner di Lillard davanti ai suoi occhi, ha convinto l’ex Indiana a scegliere i Clippers per punatre al bersaglio grosso.
Doc Rivers ora ha tutte le carte per vincere: le stelle, le seconde linee, l’entusiasmo dei tifosi e della dirigenza. Sta a lui dimostrare di essere lo stesso di Boston, anche perché la situazione e le richieste sono le stesse. Vedremo se la storia si ripeterà, oppure se per qualche scherzo del destino il Larry O’Brien Trophy finirà in mani e bacheche diverse.
